Quando ci relazioniamo con qualcuno crediamo continuamente legittimo esprimere, anche solo interiormente, moti di approvazione o disapprovazione. Ci pare che questo vivifichi il confronto, ma la verità è che difficilmente riusciamo a farne a meno. Siamo continuamente pervasi da moti dell’anima che ci portano a percepire tutto attraverso simpatia e antipatia.
Questo movimento, in larga misura da noi NON percepito, in realtà impedisce la vera conoscenza e il vero contatto con ciò che ci viene incontro. Approvazione e disapprovazione non divengono altro che una continua e strenua difesa dei nostri contorni egoici. E’ come cercare disperatamente una replicazione totale di noi stessi e di ciò che crediamo di pensare. Il vero Pensare attinge alle fonti più alte, perché contatta il Mondo delle Idee, e, finché siamo rinchiusi in un moto incessante di impressioni riflesse, non possiamo attingervi.
Difficilmente vogliamo una reale integrazione. Difficilmente sappiamo accogliere l’altro ed il mistero dei suoi scenari interiori, perché troppo occupati ad affermare i nostri intendimenti e ragioni.
L’esoterista Rudolf Steiner indicò una pratica molto preziosa tratta dal Nobile Ottuplice Sentiero Buddista. Egli ne fu ispirato e la rese fruibile per la pratica in Occidente, lasciandone intatta la struttura in otto passi.
L’Ottuplice Sentiero, praticato in un lungo periodo, conduce alla Visione, alla Gnosi, ad un vero e proprio Risveglio. Chiunque desideri realmente perseguire con devozione le vie dello Spirito difficilmente ci arriverà solo per vie sentimentali, è necessario spingere sé stessi in pratiche che richiedono dedizione attenta e disciplinata.
Ma anche un solo punto dell’Ottuplice Sentiero, se tradotto nella propria vita con tentativi umili e costanti, può davvero condurci verso una vera e propria Illuminazione.
Soffermiamoci solo sul primo punto dell’Ottuplice Sentiero indicato da Steiner:
Prestare attenzione alle proprie rappresentazioni (pensieri). Pensare solo pensieri significativi. A poco a poco, bisogna imparare a separare, nei propri pensieri, l’essenziale dal non essenziale, l’eterno dal perituro, la verità dalla semplice opinione.
Separare l’essenziale dal non essenziale, l’eterno dal perituro, la verità dalla semplice opinione. Sono parole immense. Quanto può essere difficile, ad esempio, separare la verità dalla semplice opinione nei nostri stessi pensieri? Eppure la seconda parte di questo primo punto dell’Ottuplice Sentiero è quasi una chiave:
Ascoltando i discorsi del prossimo, bisogna cercare di far tacere del tutto la propria interiorità, rinunciando ad ogni moto di approvazione ma soprattutto a ogni giudizio negativo (di critica o di rifiuto), anche nei sentimenti e nei pensieri.
Dunque viene indicato il rinunciare ad ogni moto di approvazione prima ancora che di disapprovazione. Si potrebbe invece pensare che, nel momento in cui mi mostro concorde con l’altro, io lo stia sostenendo, ma a ben vedere sto semplicemente concordando con me stesso e mi compiaccio di ciò che avvalora, in un certo senso, ciò che mi piace di me.
L’altro non ha bisogno della nostra approvazione, ha bisogno di essere accolto, e l’accoglimento non avviene con l’essere d’accordo con lui, ma permettendo che egli esprima ciò che vuole manifestare cogliendo il germe fecondo.
Subito dopo, rimarca Steiner, è necessario rinunciare soprattutto ad ogni moto di critica o di rifiuto anche nei sentimenti e nei pensieri. Dunque se la continua approvazione delle parole dell’altro ci conduce semplicemente verso i nostri moti egoici, tanto più comprensibile quanto la nostra disapprovazione faccia lo stesso, e ponga peraltro, nel nostro interlocutore, uno smarrimento interiore o, peggio, sia per lui un invito a sostenere dialetticamente un confronto fortemente dualistico e conflittuale.
Che senso ha dire all’altro: non sono d’accordo? Che effetto ci fa sentirci dire non sono d’accordo? Sembriamo ricevere in sottofondo una dichiarazione precisa: “Non mi accordo con te. Insieme non produciamo note che possano generare una melodia, e quindi non c’è musica alcuna perché io mi ritraggo e faccio da solo, l’incontro con te non mi serve.”
Esercitare in noi una partecipazione che non poggi su questi moti antitetici di approvazione e disapprovazione attiva lo stato di Presenza, e permette uno spazio affinché il nostro più alto Sé possa compenetrarsi e agire in noi.
Ascoltare l’altro senza cedere al nostro “sono d’accordo o non sono d’accordo” attiva la nostra interiorità verso la capacità di formare dentro noi stessi pensieri significativi e in comunione con le regioni più alte dello Spirito.
Il dialogo con l’altro è la cosa più preziosa che possiamo attraversare, perché può costituire per noi il passaggio che ci conduce in ogni istante a far tacere la voce assertiva di un ego che vuole affermare delle costruzioni intessute da giudizi precostituiti. Il dialogo con l’altro ci permette di riconoscere tali giudizi precostituiti che crediamo pensieri creativi, e che sono invece territori aridi dove nulla può crescere.
Allenandoci con l’altro a far tacere la nostra interiorità, densa di moti approvanti o disapprovanti, e al cui apparente sostegno non vogliamo in alcun modo rinunciare, noi possiamo arrivare a distinguere nei nostri stessi pensieri l’eterno dal perituro, la verità dalla semplice opinione, perché si sviluppa una nuova umiltà che da sola conduce verso il vero.